W. JAMES E’ STATO UN UOMO SEMPRE TESO AD ARGOMENTARE CON UNA FORTE ONESTA’ INTELLETTUALE DI PSICOLOGIA, FILOSOFIA, RELIGIONE ED ERRANTE NELL’UNIVERSO CHE CERCA DI MIGLIORARE IL MONDO TROVANDO COSI’, UN SUO SENSO. 

Dal saggio: WILLIAM JAMES  L’itinerario psico-filosofico per un mondo migliore di Nicoletta Poli

All’inizio di questo terzo millennio, James è irripetibile per la sua straordinaria capacità di farci riflettere sull’integrità del nostro io e della società in cui viviamo. Sull’etica, sulla morale e sulla nostra infinita piccolezza e grandezza.

William James proveniva da una famiglia di tradizione calvinista, emigrata dall’Irlanda. Maggiore di cinque fratelli, tra i quali il famoso scrittore Henry James junior, ebbe come padre il filosofo trascendentalista Henry James senior. Col padre e il fratello Henry vi fu, fin dall’infanzia, un fruttuoso confronto intellettuale che determinerà in William un’assai raffinata interdisciplinarità, suffragata da grande creatività e linguaggio ricercato. Una sorta di “virus europeo” contaminò sia William che il fratello Henry1 che contribuì a forgiare una famiglia singolare “dove erano intelligenti anche le pareti domestiche”2; una famiglia all’interno della quale Henry James senior educò i cinque figli all’amore per il bello e per le lettere, nonché a una certa versatilità e flessibilità mentale e culturale, al punto di far cambiare loro spesso gli istituti scolastici per non essere condizionati da specifici indirizzi educativi. Nel contesto testé descritto, si rivelarono, fin dalla prima giovinezza, alcuni sintomi di disagio psicologico di William, di personalità assai complessa e affascinante. Da alcuni biografi la sua fu definita una sorta di depressione creativa da cui riuscì a reagire con un’inesauribile curiosità culturale. Quello di James fu un “filosofare” a cavallo tra due secoli3, in cui l’incontro con Renouvier4 fu determinante nella critica sia verso l’empirismo britannico sia verso tutte le forme di fi-deismo scientista, pericolose, a suo dire, per un equilibrato sviluppo della libera volontà della persona. Insofferente a ogni forma di determinismo, di tassonomia, di barriere metafisiche, James si ribellò per tutta la vita a visioni culturali piatte, regressive, di ostacolo a una vita morale ed etica che non fosse legata profondamente alla vita e alla più profonda spiritualità. E, seppur vagando talvolta tra contraddizioni e crisi, tra luci e tenebre, dubbi e certezze, l’itinerario di James è assolutamente apprezzabile sia per un’assai creativa speculazione filosofica sia per la forte onestà intellettuale; l’onestà intellettuale di un medico psico-filosofo, se possiamo dire, sempre scettico nei confronti di sistemi psicologici, filosofici, religiosi chiusi e limitati da pregiudizi e intellettualismi sterili, ostacolanti la libertà della coscienza, la libera espressione della spiritualità dell’uomo.
Dopo la laurea in medicina nel 1869, William proseguì gli studi da autodidatta, indirizzandosi verso la psicologia e poi verso la filosofia. Nel 1872 prese avvio la sua carriera universitaria ad Harvard, dapprima come semplice istruttore e poi, nel 1876, come professore assistente di fisiologia. Sempre ad Harvard, nel 1885, ebbe l’incarico di professore di filosofia e nel 1890 assunse anche quello di professore di psicologia, ivi creando uno dei primi laboratori di psicologia sperimentale degli Stati Uniti, ancor prima che Wundt5 fondasse il suo ben più celebre laboratorio di psicologia a Lipsia. Sempre nel 1890, pubblicò una delle sue opere maggiori, i Principles of Psychology, adottata per decenni come uno dei manuali di base nella formazione accademica degli psicologi nordamericani. Apportando, nel campo della psicologia, i suoi saperi sul pragmatismo e il funzionalismo, James si pose in una posizione di forte contrasto con la psicologia tedesca del tempo. Un esempio per tutti fu, dopo l’incontro con Freud, giunto negli Stati Uniti nel 1909, la sua schietta valutazione sul fondatore della psicanalisi come di “un uomo ossessionato da idee fisse”. Peraltro, l’approccio di James alla psicologia fu una vera e propria sfida alla concezione della mente, condivisa da buona parte del mondo accademico americano ed europeo di allora. Rifiutando una metodologia di indagine che ordinasse i fenomeni in paradigmi chiusi, James non credeva nell’esistenza di una “sensazione semplice”, bensì in una coscienza come continuo pullulare di contenuti, sensazioni e relazioni. Nei Principles of Psychology la sua concezione “di flusso del pensiero” (stream of thought), con la quale descrive le caratteristiche del pensiero associandole a quelle della corrente fluviale, la sua Teoria del sé empirico e la Teoria periferica delle emozioni, mal si sposavano con le teorie psicologiche consolidate dei suoi colleghi contemporanei.
James, figura di intellettuale che usciva da qualsiasi schema e, per questo, talvolta mal interpretato, fu spesso accusato di essere troppo a-sistematico: osservazione, questa, che non lo preoccupò mai eccessivamente, poiché forte era l’avversione per i sistemi speculativi troppo “rigidi” e sterilmente conchiusi in sé. John Dewey, che di James fu attento lettore, notò come il filosofo non espresse mai a fondo segni di interesse per il mondo della storia: una constatazione che se, a prima vista, potrebbe dare adito ad una valutazione negativa andrebbe invece “rivisitata” nei suoi termini corretti:

questo fatto sembra indichi un senso della vita non insufficiente, ma esuberante di vita, insofferente alla cronologia. Si può dire che egli è intensamente contemporaneo: è piuttosto che era.

1 Introduzione di F. Corbelli al romanzo di H. James, Il giro di vite, Mi-lano, Garzanti, 1989, p. VIII.

2 Cfr. P. Guarneri, Introduzione a James, Bari, Laterza, 1985, p.5.

3 Per ulteriori e dettagliate notizie biografiche su W. James, vedasi W. James, Discorsi agli insegnanti e agli studenti sulla psicologia e su alcuni ideali di vita, a cura di F. Stara, Armando Editore, 2003. A tal proposito altre informazioni utili si ritrovano in H. James, Autobiography, a cura di F.W. Dupee, Criterion Books, New York, 1956.

4 Filosofo francese (1815-1903), fu il massimo rappresentante del neocri-ticismo. La sua filosofia fu permeata dall’esigenza di rivendicare la liber-tà individuale, compromessa dai sistemi sia idealistici sia positivistici.

5 W.M. Wundt (1832-1920), psicologo, fisiologo e filosofo tedesco, è con-siderato il padre fondatore della psicologia moderna. Convinto che i contenuti psichici fossero realtà complesse da essere scomposte in unità più semplici che li costituiscono, indirizzò la psicologia verso lo studio delle funzioni elementari della mente, tentando di stabilire dei criteri og-gettivi nell’interpretazione del comportamento umano. Sicché fondò un Laboratorio di Psicologia a Lipsia nel 1879 per raccogliere i dati empirici delle sue ricerche. Il “Laboratorio di Wundt” divenne, in breve tempo, il luogo dove si formò la prima generazione di psicologi sperimentalisti europei.

6 Nel X capitolo dei Principles of Psychology introduce il concetto di sé empirico, articolato in un sé materiale (il proprio corpo, i genitori, la ca-sa), un sé sociale, ossia come gli altri mi vedono, un sé spirituale (il pro-prio essere interiore, le proprie capacità personali, etc.).

7 Capovolge l’idea comune secondo cui alla percezione di uno stimolo segue un’emozione, che è anche accompagnata da manifestazioni a li-vello somatico. Al contrario, la manifestazione somatica precederebbe l’emozione, che, solo successivamente, verrebbe riconosciuta a livello “cognitivo”.

 

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