OMAGGIO A ELENA LUCREZIA CORNARO PISCOPIA

Nel panorama culturale del Seicento europeo, profondamente segnato da rigide gerarchie sociali e da una visione esclusiva del sapere, la figura di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia rappresenta un caso straordinario, tanto sul piano biografico quanto su quello simbolico.

Nata a Venezia nel 1646 da una famiglia patrizia, fu educata fin da piccola alla disciplina intellettuale, mostrando precocemente doti fuori dal comune. Studiò con rigore le lingue classiche e orientali, la filosofia, la matematica, la musica e la teologia, coltivando ogni sapere come via di perfezionamento interiore. Animata da una profonda vocazione religiosa, a diciannove anni scelse di diventare oblata benedettina, votando la sua vita alla riflessione e alla ricerca della verità.

 

Nel 1677 presentò domanda per ottenere il dottorato in teologia, ma il cardinale Gregorio Barbarigo oppose un rifiuto, ritenendo inopportuno che una donna potesse accedere a tale titolo. Le fu concesso, dopo molte resistenze, di laurearsi in filosofia, presso l’Università di Padova. La cerimonia, celebrata il 25 giugno 1678 nella Sala dei Giganti, fu seguita da un pubblico numeroso ed emozionato. Per la prima volta, una donna veniva pubblicamente riconosciuta come Magistra Philosophiae.

Ma ridurre Elena al ruolo di “prima laureata” sarebbe un’operazione superficiale. Non cercò mai la notorietà né l’affermazione personale. Visse con discrezione, appartata, coltivando una sapienza silenziosa, mai ostentata. Nessuna opera sistematica porta il suo nome, e tuttavia la sua eredità è fatta di gesti, corrispondenze, testimonianze: una coerenza profonda tra pensiero e vita, tra interiorità e rigore intellettuale.

Fu donna solitaria, di fragile costituzione fisica e salute precaria, ma dotata di qualità morali e speculative rare. Si racconta che fosse in grado di dissertare in latino con straordinaria lucidità e chiarezza, e che affrontasse ogni studio con rispetto, umiltà e senso del limite. La sua figura, ieratica e composta, sembra restituirci un senso perduto della filosofia come ascesi del pensiero, esercizio dell’anima, forma di etica incarnata.

Nel 1773, quasi un secolo dopo la sua morte, Caterina Dolfin donò all’Università di Padova una statua raffigurante Elena Cornaro, oggi posta ai piedi dello scalone Cornaro, nel Cortile Antico di Palazzo Bo. Non solo un omaggio alla sua memoria, ma un simbolo visibile di emancipazione femminile e di dignità del pensiero. Un monito silenzioso che accompagna chi ancora oggi sale quei gradini.

Per AiCoFi, Elena Cornaro Piscopia è stata — e continuerà ad essere — una figura di riferimento, non tanto per ciò che ha ottenuto, quanto per ciò che ha incarnato. Anche se la formazione che portava il suo nome non è più presente tra le nostre proposte, la sua presenza continua a vivere nella nostra idea di filosofia come spazio di libertà, discernimento e consapevolezza.

Renderle omaggio significa riconoscere, con gratitudine, il valore di chi ha saputo pensare quando pensare non era concesso, di chi ha praticato il sapere con aretè, mostrando che la filosofia può e deve appartenere all’umanità tutta.